Il mio Walzer preferito in assoluto il n 2 di Dimitrij Sostakovic, ogni volta che lo sento suonare non riesco a non cantarlo e a non esser felice, è coinvolgente, pieno d'energia vitale, e giustamente è conosciuto in tutto-free-sheet-music, il mondo. Ne ho preparato una versione molto semplice per flauto dolce e a giorni sarà pronto il video. Qui sotto lo trovate in varie versioni, con i nomi delle note in italiano, con le lettere per gli amici di lingua inglese e poi una semplicissima partitura per chi voglia suonarlo con un amico.
Spartiti gratis con video tutorial. Musica d'ogni genere per Flauto dolce
venerdì 31 gennaio 2014
Gam Gam - canzone cantata nei Campi di sterminio
Alcuni anni fa il regista Roberto Faenza realizzò un film intitolato "Jona che visse nella balena" tratto da un racconto di Jon Oberski, il quale racconta la propria infanzia nell'inferno del campo di sterminio di Bergen-Belsen. La colonna sonora mi colpì profondamente per la sua estrema semplicità essendo basata su una melodia che veniva cantata dai piccoli detenuti del campo. Il titolo di questa canzoncina è Gam Gam, a scuola la faccio suonare in ricordo di chi subì il martirio nei campi di sterminio.
Gam Gam Gam Ki Elekh
Be Be Ge Tzalmavet
Lo Lo Lo Ira Ra'
Ki Atta' Imadi' (2 volte)
Shivtekha Umishantecha
Hema Hema Inaktamuni'
traduzione
Anche se andassi
Per le valli più buie
Di nulla avrei paura
Perché tu sei al mio fianco.
Se tu sei al mio fianco
Il tuo bastone
Il tuo bastone mi dà sicurezza.
Be Be Ge Tzalmavet
Lo Lo Lo Ira Ra'
Ki Atta' Imadi' (2 volte)
Shivtekha Umishantecha
Hema Hema Inaktamuni'
traduzione
Anche se andassi
Per le valli più buie
Di nulla avrei paura
Perché tu sei al mio fianco.
Se tu sei al mio fianco
Il tuo bastone
Il tuo bastone mi dà sicurezza.
Etichette:
campo-di-sterminio,
canzone-di-jona,
gam-gam,
gam-gam-sheet-music,
gam-gam-spartito,
jona-canzone,
jona-che-visse-nella-balena-musica,
jona-flauto-dolce,
morricone-spartito,
note-flauto-jona
giovedì 30 gennaio 2014
Come suonare il Flauto Dolce senza farsi odiare dai vicini o da mamma e papà
Come suonare il flauto dolce senza farsi odiare
Oramai la fama del flauto dolce, presso le famiglie italiane, è strettamente legata alla parola: spaccatimpani!!
In realtà c'è un modo semplice per far apprezzare questo piccolo strumento: suonarlo correttamente.
Sembra un affermazione banale, ma sappiamo bene che non è così.
Suonarlo correttamente significa soffiare delicatamente sulla prima ottava: la spinta dell'aria deve esser quella
necessaria a non spegnere una candela ma solo a far muovere la fiammella. Il soffio, seppur limitato nella sua intensità, dovrà però esser abbastanza deciso da render ogni singola nota gradevole, espressiva, e per far questo è necessario vibrare il suono con gusto, non un vibrato così stretto da far sembrare la nota un belato, nè tanto meno così ampio da non esser percepito.
Se non l'avete mai fatto vi basterà guardare il video di un violinista o ascoltare un breve frammento d'un aria d'opera per rendervi conto di cosa sto parlando. Vibrato significa, emozione, palpito, un suono fisso è quasi inumano, un suono vibrato è vitale, palpitante. Quindi per la prima ottava suono delicato ma sicuro, e un leggero vibrato. Sulla seconda ottava l'aria dovrà esser spinta con maggior forza e più salirai, più ci vorrà energia. Ma anche su queste note, considerate dai principianti rischiose, si dovrà arrivare con gradualità, senza fretta.
Le prime volte non superare il Sol alto, suona le note sia legandole con le altre che con un leggero staccato. Non avere mai fretta. Il fatto di essere su note alte e squillanti, non ti esimerà dal cercare di renderle belle come quelle basse, quindi le prime volta bisogna studiare davanti allo specchio per controllare che la diteggiatura sia corretta e sicura. Se una nota viene male, ripetila magari con una frase musicale che ti permetta di raggiungerla con serenità.
Ad esempio: il Sol acuto ti viene malissimo? Non suonarlo da solo insistendo fino al punto da far disperare che ha il destino di viverti vicino. Inizia dal Do alto e raggiungi la tua nota a "rischio" legando ogni suono. Raggiunta la nota difficile vibrala, cerca di cesellarla, di renderla viva, chiara, potente e, sopra ogni cosa, gradevole. A questo punto potrai provare a salire ulteriormente. Ma anche in questo caso non lasciarti tentare dalla fretta.Se un pezzo che ti piace è chiaramente al limite delle tue capacità tecniche, aiutati con un metronomo. Inizia a suonare lentamente curando l'espressività e, quando raggiungi il punto difficile, soffermati il tempo necessario per permettere alle tua dita di appropriarsene. Questo per me significa riprovare il passaggio fin tanto che le dita andranno "da sole". Questo può significare anche 5-10 minuti su una
sola battuta.
Per un principiante può sembrare un tempo lungo, ma la soddisfazione poi di aver ricreato l'atmosfera voluta da un compositore, o dal tuo cantante preferito, sarà davvero impagabile. Altro consiglio è: canta il brano. Non è necessario farlo a voce alta, canticchialo dentro di te, ma fallo dicendo le note che dovrai suonare. Allena la mente al tema che le dita dovranno mettere il pratica sul flauto. Quando io riesco a cantare un brano spediatamente da capo a fondo, le dita vanno che è una meraviglia e imparo il pezzo in pochi minuti. Poi per rendererlo bello e gradevole lo dovrò studiare per più tempo, ma diciamo che partire bene fin dall'inizio, è la cosa migliore.
mercoledì 29 gennaio 2014
lunedì 27 gennaio 2014
Titanic per Flauto Dolce solo
Un delle più celebri colonne sonore della storia del cinema, la canzone "My heart will go on" dal film Titanic, nell'esecuzione per flauto dolce solo. In questi casi chi suona può anche prendersi delle piccole libertà, degli abbellimenti e dei Rallentati che in un esecuzione di gruppo risultano meno fattibili a meno che non si studi tutto inseme nel migliore dei modi. Personalmente adoro il suono del Flauto Dolce anche senza altri strumenti e questa è la prima volta che propongo un esecuzione senza aver scritto l'arrangiamento orchestrale.
domenica 26 gennaio 2014
Kookaburra - allegra canzoncina australiana
Una delle più celebri canzoncine per l'infanzia è questa: Kookaburra, una melodia australiana che parla di un uccellino, il kookaburra, che canta allegramente. La cosa curiosa è che se andate a vedere quest'animaletto nei video su youtube resterete meravigliati dalla sua "voce" potentissima. Pur essendo poco più grande di un Merlo, ha una potenza sonora che sorprende. Mi immagino cosa possa significare aver vicino casa un gruppo di questi simpatici animaletti appollaiati su un ramo che comunicano fra di loro.
Alla Corte di Versailles - Flauto,Clavicembalo,Orchestra
Adoro i Palazzi che rappresentano un periodo storico oramai lontano. Ho avuto la fortuna di visitarne tanti, ma di sicuro nessuno mi ha emozionato più dei Versailles. Questa breve melodia mi è venuta in mente al ritorno da un viaggio in Francia
sabato 25 gennaio 2014
venerdì 24 gennaio 2014
Come superare la paura di suonare in pubblico
Paura di suonare in pubblico
Nel mio caso il timore d’esser
guardato mentre suonavo iniziò fin dai primi tempi in Conservatorio. Il prof di Flauto voleva che tutti gli alunni
della sua classe fossero presenti alle lezioni, in questo modo anche un
semplice esercizio di riscaldamento doveva esser fatto davanti agli altri e dato
che ero al mio primo anno di studi musicali, quindi un ragazzino di 11 anni,
ogni volta tutt’attorno a me c’eran ragazzi e ragazze molto più grandi, alcuni vicini
al Diploma. La sensazione di panico non s’attenuò con il passare dei mesi e il timore d’esser giudicato, di sbagliare, di
far brutta figura, era sempre fortissimo. Poi un giorno il prof mi disse
“Guarda che tu non suoni per gli altri, ma per te stesso. Se tu stai suonando
un qualsiasi brano, lo stai facendo perché ti piace farlo. Questa sensazione di benessere di felicità interiore tu devi
averla sempre quando suoni. Sei nella
tua cameretta e stai iniziando a suonare le Scale per scaldare le dita?
Falle al meglio, senza fretta,
curando ogni dettaglio, ed essendo felice di farlo. Il suono dovrà esser bello,
pieno, caldo, intonato, espressivo. Dai a te stesso quello che vorresti ti
desse sempre un musicista quando suona: benessere”.
Dopo questo ragionamento del mio
insegnante cominciai a vedere la musica in maniera del tutto diversa, dovevo,
innanzi tutto, suonare per me!
Se mi fossi divertito io, forse anche un qualsiasi ascoltatore avrebbe provato emozioni positive.
Vicino a casa mia c’era un
giardino pubblico immenso, il “Parco Ducale” di
Parma.
Che sarebbe successo se mi fossi messo a studiare in un angolino
di questo storico luogo e con il pericolo di esser visto? Mi immaginavo la
gente che si avvicinava, che giudicava, che mi criticava, ero atterrito! Ma decisi di provare. Presi la bicicletta, e con la borsa in spalla
con dentro flauto e leggio andai al Parco.
La bella giornata di primavera aveva
fatto riempire quest’enorme area verde che, tutt’ora, è uno dei posti più belli
e suggestivi della città. Trovai il posto meno frequentato e più lontano
possibile da ogni forma di vita. Timidamente tirai fuori il flauto, tremante iniziai a suonare e…sorpresa…non accadde assolutamente nulla! Io suonavo
guardando la musica e cercando di stare concentrato e la gente continuava a
comportarsi esattamente come prima. Passarono un gruppetto di attempati signori
che facevano footing e non mi degnarono di uno sguardo, un signore con il cagnolino si fermò un istante mi sorrise e
continuò la sua passeggiata, un gruppo di ragazze che a me bimbo di 11 anni parevano
delle “gigantesse”, passarono
correndo…insomma…nessuno fece nulla di tutte le cose terribili che mi ero
immaginato. Semplicemente in un angolino
di un parco pubblico immenso, un ragazzino stava scoprendo che suonare è una
cosa semplice, naturale. Questo piccolo esempio vale anche ora. Se qualcuno si vuol fermare ad
ascoltarti lo farà, ma non esiste un
solo motivo per temere chissà cosa.
Le
maggiori paure infatti, sono quelle che ci creiamo noi stessi. E così il mio modo di suonare, gradatamente migliorò, le braccia diventaron più
rilassate, non sentivo il solito dolore alle spalle dovuto alla tensione e il
suono si era stabilizzato e potenziato. Da quei giorni di quasi 40 anni fa, la
musica per me è stata questo: divertimento
per me stesso, per la mia mente, il mio cuore, il mio corpo, poi se c’è un
pubblico bene, se non c’è nessuno va benissimo lo stesso. Sono felice su un
palco, come sono felice studiando in casa, come dovrebbe essere per tutti i
musicisti.
Quindi se suoni uno strumento e
sei all’inizio divertiti sempre, anche mentre studi esercizi che ritieni
noiosissimi. Crea dentro di te l’emozione dell’ascolto, rendi bello ogni suono,
sorprenditi nel capire che ogni nota compone un puzzle meraviglioso e che se
manca un solo pezzettino il quadro non sarà completo. Tu sei il pittore di un
opera che arriva direttamente al cuore di chi ti ascolta e se non c’è pubblico,
quell’opera che hai realizzato sarà comunque per te stesso. E questo è un
grande traguardo.
giovedì 23 gennaio 2014
La gioia di suonare uno strumento musicale
La gioia del suonare uno strumento musicale
Perché faccio musica e perché ho scelto sempre strumenti a fiato?
Penso che
sia una questione legata alla forte componente fisica, quasi
corporea, che percepisco chiaramente ogni volta che suono.
Qualsiasi
strumento a fiato è un appendice della mia bocca, è un
prolungamento del mio respiro, è qualcosa che vibra come vibra la
mia voce quando mi diverto a cantare, maluccio, una semplice canzone.
Il vibrato degli strumenti a fiato, inevitabile in quanto nel nostro
torace abbiamo un cuore che pulsa e il vibrato è espressione, lo
percepisco chiaramente nello strumento con il quale esprimo i miei
stati d’animo, appunto vibranti.
Il Flauto
Traverso, il Fagotto, la Piva Emiliana e il Flauto Dolce, sono
silenziosi compagni di viaggio che prendon voce, la mia voce, ogni
volta che desidero provare a dire qualcosa senza usare le parole. So
che è difficile spiegarlo a chi non ha mai provato a suonare, ma gli
strumenti musicali per me, sono questo. Brani che con la voce non
potrei mai eseguire, cose che non saprei dire a parole, diventan
qualcosa di vivo, potente, e realmente espressivo.
Il timbro
del Flauto Traverso è caldo, non trovo un altro modo per definirlo,
caldo e avvolgente, e mentre lo si suona è chiaramente percepibile
il suono dell’aria che va ad infrangersi sull’estremità
dell’imboccatura ad ancia libera, cioè un semplice foro. Senti
l’aria che corre nel corpo dello strumento e che, all’estremità
opposta, esce come suono. Un suono che viaggia rapidissimo in una
sala se stai suonando in pubblico, o che ti avvolge se sei in camera
tua a ripassare un brano che vuoi migliorare. Il Flauto Traverso ha
qualcosa che mi fa sempre pensare alla parola “casa”, mi immagino
un camino con dei ciocchi ardenti che scoppiettano, è una coperta
calda di vibrazioni positive.
Il Fagotto
invece ha, nel mio modo di percepirlo mentre lo suono, una malinconia
unica. Quando si suonan le note medio-basse legate, ti entrano nel
torace con una forza che, lì per lì, si stenta a creder che un
oggetto, un lungo tubo di legno con dei fori, possa esserti così
vicino dal punto di vista espressivo. E’ una voce, la mia voce, ma
all’ottava sotto. E’ una vibrazione calda, possente che spesso
cerco nel mio quotidiano, è la calma, la profondità che vorrei. E’
un lato del carattere che in realtà non ho, ma che questo strumento
mi permette d’esprimere.
La Piva
Emiliana è uno strumento della famiglia delle Cornamuse. E’
potente, con un suono aperto, quasi volgare, che non puoi realmente
controllare nella sua emissione in quanto l’ancia non è fra le tue
labbra ma lontana da te. Strumento tipicamente popolare e dalla
limitatissima estensione (ci puoi suonare una decina di note) ha una
qualità unica che è il suo limite e la sua forza: lei urla sempre.
In qualsiasi momento lei si impone, ti aggredisce nella sua schietta
popolare semplicità sonora. Mi fa pensare ad una grassa signora che
strilla in dialetto e che, avendo un gran torace (in questo caso una
gran sacca che io stringo a me) impone a tutti la propria forza
vocale. Con la Piva non puoi suonare in casa e se lo fai i vicini
giustamente ti detesteranno. E’ uno strumento che va portato
all’aperto, magari in un giardino pubblico il più possibile
lontano dalla gente se sei all’inizio dei tuoi studi. Il suo suono
deve viaggiare e l’accompagnamento ossessivo dei Bordoni (sono i
tubi che emettono le note fisse, come quelli che vedi nelle Cornamusa
scozzesi per intenderci) trasmettono stabilità, fermezza, in totale
contrasto con la canna del canto, che apre al mondo la sua voce
arrogante e diretta. Amo le cornamuse, e la mia Piva Emiliana,
proprio per questo.
E infine il
Flauto Dolce, il più piccolo degli strumenti ch’io abbia mai
suonato. Il timbro è come quello della voce d’un bimbo, piccolo e
fresco, a suonarlo con grazia a rapidità può far pensare anche ad
un ruscello che scorre rapido. Ideale per ripassare una melodia o
per trovare in un attimo le note d’una canzone che hai appena
sentito. Ideale da suonare ovunque tu sia, sapendo che se l’emissione
sarà ben controllata, non risulterà mai molesto od invadente. Di
tutti quelli elencati è quello che più mi assomiglia. Non ha il
calore d’un flauto traverso e la sua calda avvolgenza, non ha la
profondità, la saggezza espressiva di un Fagotto. Non ha la feroce
schiettezza d’una cornamusa. E’ diretto, non ha profondità,
viaggia leggero, viaggia rapido. Ci puoi far tutto anche senza
impegno, anche solo per gioco, anche solo per passare il tempo.
Gli
strumenti a fiato, nella mia quotidianità sono questo. Caratteri che
ti vestono dal punto di vista sonoro, che tu indossi quando vuoi e
che portano la tua voce a chi la vuole ascoltare. Ma se non hai
ascoltatori, sono comunque bellissimi abiti che potrai indossare
quando vorrai e che, anche stando in casa, ti porteranno lontano e
con una voce ed un carattere nuovo.
mercoledì 22 gennaio 2014
Fuga dal castello - spartito per flauto dolce
martedì 21 gennaio 2014
lunedì 20 gennaio 2014
domenica 19 gennaio 2014
sabato 18 gennaio 2014
venerdì 17 gennaio 2014
Il Mattino di Grieg per Flauto Dolce
Il Mattino
Un dei brani più incantevoli mai scritti nella storia, con il Flauto Dolce è bellissimo e facile da suonare
Un dei brani più incantevoli mai scritti nella storia, con il Flauto Dolce è bellissimo e facile da suonare
Dimmi che non passa è sulla pagina ufficiale della cantante Violetta Zironi
Dimmi che non passa
Qualche settimana fa mi son divertito a fare la versione per Flauto Dolce di "Dimmi che non passa" una bella canzone di una giovanissima promessa della musica italiana, Violetta Zironi, che tanto successo ha avuto nella trasmissione X Factor. Il video che ho postato su Youtube e presentato su facebook, l'ho poi inviato in messaggio privato anche alla pagina della cantante per avere il suo permesso e, sorpresa, dopo qualche ora il video era sulla sua pagina e in pochissimo ha ottenuto un bel numero di pollici in su! Quindi grazie di cuore Violetta e tanti auguri per una radiosa carriera!
giovedì 16 gennaio 2014
Flauto Dolce contro la depressione
Il Flauto Dolce contro la depressione
Il Flauto Dolce contro la
depressione
Posso dire che la musica mi ha
salvato la vita e che è diventata non solo la mia passione, ma la mia più forte
valvola di sfogo.
Pur avendo un carattere curioso e
che tende a farmi vedere le cose belle che mi circondano: anche semplicemente
un tramonto, un bel film, una passeggiata in una tiepida serata, la depressione
è diventata una latente compagna di viaggio nel corso dei miei ultimi 20 anni.
Non sono mai riuscito a decifrarla, comprenderla o a prevederla, semplicemente
ad un tratto qualsiasi persona o situazione, diventano in bianco e nero. Tutto
è distante e pericoloso e il mio stesso corpo si trasforma in un pesante
ostacolo che non riesco a far muovere e, cosa ancor più grave, che non sento il
motivo di dover muovere. Depressione per me è staticità, immobilità, in quei momenti non esiste un solo valido
motivo, non uno, che mi dia ragione di reagire.
Tutto iniziò negli anni ’80 con
un piccolo intervento chirurgico errato, che cambiò per sempre il mio significato
della parola corpo. Avevo sempre tenuto
in massima considerazione la forma fisica, lo star bene, il non sentirmi quasi mai
stanco. Lavoravo a 70 chilometri da casa e per fare avanti e indietro ogni
giorno, dovevo esser motivato e in buona salute . Dopo quell’evento, un piccolo
intervento chirurgico errato, iniziai a non riconoscermi più. Non poteva esser
mia quella carne che urlava di dolore qualsiasi movimento facessi. Non potevo
esser io quello che andava in lacrime dal medico che aveva effettuato
l’intervento e dal quale mi sentivo dire “I suoi unici problemi lei li ha nella
sua testa”. Chi mi conosceva non poteva credere che uno sciocco intervento
potesse avere tali conseguenze e la definizione “malato immaginario” cominciò a
evidenziarsi anche su i volti delle persone a me più vicine. Avevo costante bisogno
assoluto di silenzio, perché la carne, in certi casi, fa più rumore di uno
stereo a massimo volume, e questo per un
insegnante è un miraggio semplicemente impossibile da raggiungere. A quell’intervento ne seguirono altri 8 in 6
anni per cercare di rimetter in sesto la figura che non riconoscevo più allo
specchio. Da uomo di 90 chili, appassionato di sport, sempre in movimento, mi
trovai a dover gestire un ombra di 48 chili. Ma la cosa che più mi rendeva
difficile ogni attimo di vita era la sensazione d’esser avvolto da una
negatività, un pessimismo assoluto, totale.
Compresi anche che il dolore NON
si può condividere, MAI! Anche chi ti ama con tutto se stesso, non sarà mai
dentro la tua carne, una carne che fa un rumore spaventoso, che è il rumore del
dolore puro. Le cicatrici non tacciono, sono come delle bocche rivolte verso
l’interno e tu, che sei parte di esse, non riesci a far finta che non urlino di
continuo. Poi un medico mi disse “ dovresti
fare la domanda per una pensione d’invalidità”, per assurdo quella fu la
scintilla, la prima dopo 6 anni di feroce prigione della detenzione più
spietata, quella di un carcere dal quale non potevo evadere. Era questa la mia
vita? Un uomo di 40 anni che si ferma? Che chiede la pensione e che per il
resto della propria esistenza vedrà il mondo alla ricerca di qualcosa da
conquistare? Una sorta di film…senza finale. Fine del primo tempo…fine del film!
No dico ma scherziamo? Nel momento peggiore, il più basso in assoluto, ad un
passo da quel nulla che oramai mi separava da una finestra del quarto piano che
avrebbe messo fine ad ogni dolore e ogni paura, iniziò la mia risalita. Lenta,
piccolissima, con alti e bassi. Un corpo debole e irriconoscibile, e una mente
del tutto avvolta solo su se stessa, un costante io, io, io, io…si perché per
chi sta male fisicamente o psicologicamente, l’unica cosa che conta
all’universo è: Io, IO-STO-MALE, il resto, tutto il resto, è meno dello zero
assoluto. Il dolore ti rende affamato di salvezza, e quando hai fame, quella
feroce che ti toglie il respiro, sei una belva, esisti tu e nessun altro.
Cominciai a fare due cose, la MUSICA e LA GINNASTICA che diventarono le
mie stampelle, all’inizio piccole, poi via via sempre più solide, ora
fondamentali. Cominciai a dedicare i miei pensieri alla musica, qualcosa di
così impalpabile, così indefinibile, al punto che ogni volta che le dedicavo anche
solo un attimo di tempo, la mente usciva dal mio corpo. E alla Ginnastica, quella
che i medici mi avevano sconsigliato in quanto considerata probabile causa di
ennesime recidive. La musica, ora posso dirlo forte, è una medicina incredibile che non ha
controindicazioni, ma sentirla non basta, a me perlomeno non bastava. Io dovevo
entrare nei suoni, io dovevo esser parte integrante del flusso sonoro. Che
strumento scegliere? Il mio corpo mi permetteva due posizioni o in piedi o
sdraiato, stare seduto era ed è un vero problema. Non volevo spendere soldi,
non volevo un maestro, volevo qualcosa di assolutamente semplice e spontaneo,
qualcosa dal quale poter ricominciare in modo spensierato e senza dover render
conto ai vicini per l’eventuale “rumore”. Scoprii il flauto dolce, 8 euro di
semplicità, ogni dito che alzi, sali di una nota, proprio come un pianoforte,
ma lo puoi suonare ovunque tu sia, in qualsiasi posizione, senza alcuno sforzo.
Mi accorsi che con questo piccolo magico strumento odiato da decenni da alunni
e le loro famiglie di tutte le scuole d’ordine e grado nel nostro paese, si può
suonare tutto, ma proprio tutto, dalla Classica, al Pop al Rock. Nella sua
semplicità ti obbliga a tenere il tempo, ad imparare a leggere uno spartito se
vuoi, o semplicemente a suonare ad orecchio se non vuoi dannarti troppo. Uno
strumento che anche grandi personaggi della musica han recentemente più volte
denigrato considerandolo un giocattolo, ma che in realtà ha un vastissimo
repertorio e che può far avvicinare alla musica chiunque, un bimbo come un
novantenne. Non ci voglion soldi, non ci vuole fatica, ci vuole il desiderio di
entrare in un mondo impalpabile ma così forte da trascinarti via con se in una
sorta di magico volo che, chi non prova, non può capire. Esattamente come il
dolore non è comprensibile o realmente spiegabile, la musica è qualcosa che ti
porta via con se, ma il viaggio sei tu che lo decidi, sia la partenza che l’arrivo,
che la durata.
Nel mio caso il viaggio è
iniziato con la scoperta di questo semplice strumento che mi accompagna, anche
solo per alcuni minuti al giorno, ma che mi permette di spostarmi assai
velocemente passando dall’antica Grecia con l’Epitaffio di Sicilo, al
Gregoriano, alla Classica, al balletto, passando per la sinfonica, il pop, il
liscio, alla musica folk, la musica melodica italiana, il Rock… un quotidiano
viaggio nel tempo con uno strumentino minuscolo. Forse sono solo stato
fortunato, ma per risalire ci vogliono delle motivazioni, credo che la musica
possa esser, proprio per l’impossibilità di poterla descrivere realmente o di
poterla definire e inquadrare, la medicina suprema. Immergerti nei suoni, ti fa
scoprire ed entrare nelle anime di chi si è espresso solo mettendo dei pallini su
dei fogli di musica in paesi lontani e magari in epoche remote. E’ un
linguaggio, ti permette di entrare in contatto anche con chi si esprime con
lingue che non capirai mai. La musica è, per me, la forma d’arte più elevata,
proprio perché ancora non capisco cosa sia. E spero di non scoprirlo mai.
Voglio solo farla con semplicità e divertimento. Quando l’oscurità talvolta
riappare senza motivo la combatto con tutti questi amici di altri paesi di
altre epoche, loro mi accompagnano e mi rimangono accanto, mi distraggono con
le loro voci, l’oscurità passa, loro restano.
mercoledì 15 gennaio 2014
martedì 14 gennaio 2014
Iscriviti a:
Post (Atom)